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martedì 20 maggio 2008

SVILUPPO SOSTENIBILE

All'incirca a partire dagli anni '70, cioè dopo aver osservato gli effetti negativi che la crescita economica ed il progresso tecnologico del dopoguerra avevano comportato in termini di degrado dell'ambiente e di consumo delle risorse materiali ed energetiche del Pianeta, ci si è resi conto di come l'ambiente sia una risorsa “esauribile”: esso ha una certa capacità di porre rimedio al danno subìto dall'assorbimento di inquinanti, ma, una volta superata una certa soglia, il danno non riesce ad essere riparato in tempi ragionevoli e l'effetto è praticamente irreversibile.
Il riconoscimento di questo allarme di portata mondiale, è certamente stato il primo passo verso una maggiore consapevolezza nello sfruttamento delle risorse del pianeta (tra cui non va considerato solo il petrolio, ma anche l'acqua, il cibo, le foreste), tuttavia pensare ad un possibile rimedio al problema non era affatto semplice. Sulle prime, infatti, sembrava esservi un contrasto insolubile tra la volontà di proteggere la natura e la necessità di aumentare lo sfruttamento dell'ambiente per soddisfare le esigenze alimentari, sanitarie, energetiche ed economiche di un numero sempre crescente di individui.
Un primo compromesso tra i problemi dell'ambiente e quelli dello sviluppo delle attività umane venne trovato nel 1987, quando venne definito per la prima volta il concetto di sviluppo “sostenibile” cioè "quello che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri". In termini più concreti ciò significa impegnarsi per preservare l'ambiente e le sue risorse per le generazioni future, lasciando intatte le foreste, conservando il patrimonio della biodiversità, riducendo il tasso di consumo delle risorse energetiche non rinnovabili ed incrementando l'uso di quelle rinnovabili. Ne consegue che lo “sviluppo sostenibile” dovrà essere realizzato trovando un equilibrio tra l'attività umana, le risorse energetiche e materiali disponibili sul Pianeta e le capacità autorigenerative della natura.
Le azioni da intraprendere per raggiungere questo obiettivo sono state concordate in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel Giugno del 1992 alla quale hanno partecipato 175 Nazioni.
Il risultato di questa conferenza (nota anche come Vertice sulla Terra) è stato un documento chiamato “Agenda 21” che dovrebbe servire da guida ai governi dei vari Paesi nelle decisioni in materia di tutela dell'ambiente. Tra i vari princìpi generali sui quali dovrebbero essere fondate le politiche ecocompatibili del 21° secolo, questo documento ne detta due di particolare importanza:
il “principio di precauzione” con il quale si è stabilito che ogniqualvolta vi sia una ragionevole possibilità di conseguenze dannose per l'ambiente, è necessario intervenire con opportune contromisure, senza aspettare che studi scientifici accertino l'effettiva esistenza del danno;
il cosiddetto principio del “chi inquina paga” secondo cui l'intero costo associato ad un evento inquinante (incluse le operazioni di monitoraggio, gestione dell'emergenza, interventi di bonifica ecc.) va addebitato all'organizzazione responsabile della sorgente di inquinamento.
Oltre all'Agenda 21, durante il Vertice di Rio sono state approvate tre Convenzioni internazionali:

la “Convenzione sui Cambiamenti Climatici”
la “Convenzione sulla Biodiversità”
la “Convenzione per la lotta alla Desertificazione”


Si tratta in pratica di accordi che impegnano i Paesi firmatari ad agire in modo comune e coordinato nei confronti di alcuni problemi ambientali di grave portata strettamente collegati a quello dello sviluppo sostenibile. Per comprendere la relazione esistente tra queste grandi tematiche basta pensare per es. che la lotta alla deforestazione riduce la degradazione del suolo, la perdita di specie viventi e le emissioni nette di anidride carbonica (intese come differenza tra la quantità di CO2 prodotta dall'uomo e la quantità che l'ecosistema è in grado di assorbire per mezzo delle specie vegetali); inoltre l'introduzione di nuove fonti rinnovabili di energia, oltre che necessaria sul fronte della sostenibilità energetica, contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra e ad alleggerire la pressione delle attività umane sulla terra e sulle foreste e così via.

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